Fare il vino “alla latina”

La-bottega-del-vino-Bacco-Caravaggio

Ad oggi le tecniche per la produzione vinicola sono delle più tecnologiche ed avanzate, ma da dove è partita una delle tradizione di cui noi italiani andiamo più fieri?

Innanzitutto, per rispondere a questa domanda dobbiamo guardare il luogo in cui viviamo: il cuore del mediterraneo, la culla della civiltà e, ancora di più, l’Italia, terra di cultura e tradizione, in cui il clima è dei più favorevoli per la crescita delle vigne. Già nel V secolo a.C., infatti, Sofocle, più tardi assecondato da Plinio, aveva definito l’Italia “terra prediletta dal Dio Bacco” sostenendo che la pianta in questione crescesse rigogliosa e spontanea senza essere stata importata da altri popoli o potata dalle popolazioni autoctone del tempo. Il suolo italico, inoltre, era chiamato Enotria, che sta a significare “terra dei vini”.

La tradizione vinicola racchiude in sè i segreti di Etruschi, Cartaginesi, Greci e Latini. Questi ultimi adattarono le conoscenze locali a quelle dei grandi popoli che già avevano approfondito la viticoltura riorganizzando il sistema di produzione in modo chiaro ed efficiente rispetto alle prime aziende agricole già esistenti dei Cartaginesi. Il vino più pregiato veniva invecchiato al sole o in soffitta e veniva trattato con il defrutum, un mosto concentrato che alzava la gradazione di un paio di gradi, mentre al vino meno pregiato veniva addizionato sale o acqua marina concentrata, resina e gesso. Per migiorare il sapore del liquido che accompagnava numerosi banchetti (a cui non era considerato di buon gusto diluirlo con acqua) ed era proibito per lo più alle donne, si aggiungeva taglio, miele o aromi al mosto.